Una tecnica di pesca che ara il fondale trasformandolo in un deserto sottomarino. Lo strascico sta distruggendo inoltre le aree di riproduzione di gamberi e naselli. Oceana, ha diffuso delle immagini dei danni causati da questa pesca in concomitanza con la 40esima sessione della General Fisheries Commission for the Mediterranean and Black Sea. l’ONG chiede di trovare una soluzione nel piu’ breve tempo possibile, con la proposta di chiudere tali aree alla pesca a strascico al fine di ripristinare non solo gli stock ittici ma anche gli ecosistemi. A parlare e’ Lasse Gustavsson, direttore esecutivo di Oceana per l’Europa:«Le immagini girate dalla nave di ricerca di Oceana mostrano che dove lo strascico è intensivo si riduce la presenza di habitat riproduttivi per il merluzzo, come i giardini di gorgonie. Abbiamo documentato questo nell’est del Banco di Malta e nel Banco Adventure, due delle zone che proponiamo di chiudere a questo aggressivo attrezzo da pesca. Lo strascico sopra habitat essenziali per i pesci mette a rischio la produttività dello stock e la stessa pesca e colpisce tutto l’ecosistema».
I danni della pesca strascicoLa pesca a strascico bentonica è fonte di notevole impatto sull’ambiente marino. Le reti a strascico infatti distruggono o asportano qualunque cosa incontrino sul fondale, pesci, invertebrati, coralli, alghe, e lasciano un ambiente devastato dove le comunità biotiche originarie si potranno reimpiantare solo dopo molto tempo.
Questo è particolarmente grave nel caso di ecosistemi complessi e di fondamentale ruolo biologico come quello della prateria di Posidonia oceanica, che possono essere totalmente distrutti anche con una sola passata. Proprio per evitare questo in alcuni paesi, ad esempio in Italia, si è deciso di vietare la pesca a strascico sottocosta (entro le 3 miglia marine o al di sopra della batimetrica dei 50 metri), dove queste comunità complesse si sviluppano, ma ciò nonostante è frequente leggere sui quotidiani di pescherecci che strascicano impunemente nelle zone vietate facendo danni irreparabili e minando le loro stesse possibilità di pesca future.
Tratto da: Il Giornale dei Marinai