Maltrattamenti in famiglia ed estorsione in danno della madre. Sono questi i reati contestati al 20enne marsalese Davide Piccione, processato in Tribunale.
A denunciarlo, lo scorso anno, è stata proprio la madre. Prima in maggio e poi ai primi di novembre. La seconda volta la querela è stata presentata insieme al compagno della donna, il 38enne lucano Paolo Cassino, che ascoltato in Tribunale, però, ha reso una testimonianza non proprio in linea con quanto dichiarato nella querela presentata in Commissariato. Tanto che la presidente Camassa, ad un certo punto, è stata costretta a dirgli che poteva anche “non ricordare i fatti, ma non dire cose diverse da quanto ha denunciato in querela”.
Il rischio è quello di finire sotto processo per falsa testimonianza. Ma non c’è stato nulla da fare. Il teste ha tentato di aggiustare il tiro rispetto a quanto denunciato poco più di tre mesi fa nella querela poi ritirata, insieme alla madre dell’imputato, il successivo 30 novembre. “Davide – ha dichiarato in aula Paolo Cassino – chiedeva soldi sia a sua madre che a me, penso per comprarsi la droga. Ma io non sono stato mai minacciato. Quando lavoravo, gli davo il denaro per evitare discussioni”. Tra le differenze tra quanto scritto nella querela e quanto detto in aula, soprattutto gli episodi relativi alle minacce e ai maltrattamenti subiti dalla madre dell’imputato, difeso dall’avvocato Duilio Piccione. E a far notare le differenti versioni è stata sempre il presidente Camassa.